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Il mondiale vinto difendendosi (Brasile 1950)

Storie da mondiale: il Maracanazo.

E se ancora oggi, nonostante gli scandali, il doping, gli ingaggi gonfiati, gli atleti viziati e i bilanci truccati, penso ancora che il calcio sia il più incredibile degli sport, il merito è di alcune partite e alcune persone.Tra le persone che mi hanno saputo comunicare la bellezza del calcio, e la poesia del mondiale, un posto speciale lo occupa Osvaldo Soriano, el Gordo, scrittore argentino classe 1943 di grandi ideali e impegno civile, che ha saputo dedicare al calcio alcune delle sue pagine migliori.

La finale mondiale del 1950 è tra le partite che più di ogni altra è stata capace di raccontare la folle bellezza di questo sport. Gli artisti del calcio sudamericano ospitano per la prima volta in casa loro i mondiali. Hanno i favori del pronostico, tutto il mondo è convinto che vinceranno.

L’organizzazione brasiliana è tutta rivolta a celebrare una realistica vittoria finale. Nelle fase a gironi il Brasile affronta Messico, Svizzera, e Jugoslavia, qualificandosi primo con due vittorie e un pareggio. Accede così al girone finale, dove nelle prime due partite regola senza sforzi 7-1 la Svezia, e 6-1 la Spagna.

All’ultima giornata dei campionati mondiali, il Brasile domina il proprio girone con 4 punti, 13 gol fatti, 2 subiti. Manca una sola partita, un’ultima formalità tra loro e il primo titolo mondiale della loro storia. La vittima sacrificale per assolvere al compito di podio per celebrare il Brasile campione è l’Uruguay. Nel girone finale ha collezionato 3 punti, frutto di una vittoria e un pareggio, entrambi maturati negli ultimi minuti. Non sembra esserci storia.

Da un lato, gli artisti carioca, che hanno dominato i mondiali fino a quel momento. Dall’altro, i volenterosi Uruguagi, per i quali essere arrivati all’ultima partita con la possibilità di giocarsi il titolo sembra già un miracolo.

La sera prima della partita finale, il Brasile è in festa. I Brasiliani si sentono campioni. I giornali titolano già con la vittoria dei loro beniamini. La federazione brasiliana fa stampare già le medaglie d’oro personalizzate per i componenti della squadra. Prima della partita, le autorità brasiliane allo stadio pronunciano un discorso di incitamento per la nazionale di casa. In 100.000 affollano il Maracanà, stadio leggendario, scelto per la partita finale. Per le strade, è stato improvvisato un carnevale, pronto a partire alla fine della partita.

Il Paese è già ubriaco di vittoria. E’ il 16 Luglio del 1950. La partita inizia. I brasiliani attaccano, l’Uruguay difende con ordine. Finisce il primo tempo. 0-0. Il risultato favorisce i Brasiliani, cui basterebbe un punto per laurearsi campioni. Inizia il secondo tempo. Passano due minuti. 120 secondi e il Brasile è in vantaggio. Segna Friaça. Al Maracanà esplode il delirio. In 100.000 gridano di gioia, esultano, ballano e si abbracciano. Il Paese entra in una euforia senza precedenti. E’ fatta. Tutti lo pensano.

In campo, per l’Uruguay, c’è Obdulio Varela. Un monumento del calcio sudamericano. Varela ha una intuizione folle e geniale, di quelle che restano nella storia del calcio mondiale. La sua nazionale è sotto di un gol, e Varela inizia a perdere tempo. Come se stessero vincendo. Come se dovessero difendere una sconfitta per 1-0 con i denti. Interrompe il gioco, protesta con l’arbitro per un fuorigioco che sa non esserci, chiama un interprete per parlare col direttore di gara. La tensione è palpabile. Il Maracanà è muto. Nessuno capisce che sta facendo Varela. Che senso ha difendere l’1-0?

La partita riprende. Varela dirige i suoi. Il Brasile riprende ad attaccare. Attacca, a testa bassa, vogliono il mondiale. Sono infuriati. L’Uruguay difende, continua a difendere. Parte in contropiede e segna con Schiaffino.  Al minuto 66. E poi di nuovo, con Ghiggia. Al 79′.

La partita finisce 2-1 per l’Uruguay. Bastava un pareggio, è arrivata la sconfitta. La macchina da gol si è inceppata. Varela ha messo in ginocchio la corazzata carioca. Uruguay campeón. Le autorità brasiliane abbandonano lo stadio e non partecipano alla premiazione dei vincitori mondiali. C’è gente sugli spalti colta da infarto. Tutti piangono, qualcuno si suicida. Il Brasile passa dall’euforia al dramma collettivo. E’ il Maracanazo, la più incredibile delle sconfitte mondiali.

Fu Osvaldo Soriano a descrivere quella partita memorabile, in una commovente intervista al genio, Obdulio Varela. Nessuno, più del diretto interessato, saprebbe trovare le parole migliori per raccontare dopo tanti anni cosa fu il Maracanazo.

 

 

 

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